E' ora di riflettere sul nostro futuro

Lo sport ancora oggi, possiede una forza attrattiva e propulsiva di tale energia da poter incidere in modo straordinario sulle sensibilità ed emozioni di milioni di persone i tutte le età. D’altra parte, però un po’ come tutte le società, anche lo sport si interroga oggi su quali debbano essere i suoi principi guida e su come testimoniarli. Se da una parte lo sport professionistico è sottoposto alle logiche di denaro e dello spettacolo, dall’altra è profondamente in crisi proprio perché ha perso di vista le inquietudini e le domande che da sempre lo nutrivano, quali, ad esempio: che tipo di persona formare, quali valori proporre,in che misura essere scuola di vita per favorire la crescita della persona ? purtroppo le ragioni della crisi sono di natura etica e antropologica.

La ricerca a tutti i costi del successo e del potere conduce a comportamenti sleali, tentativi di corruzione, inganni, volontà di prevalere ad ogni costo. Non mancano sociologi che affermano che il successo, la fama e la ricchezza e il potere imposti come nuovi “valori” arriveranno, a motivo della loro incidenza sociale, a condizionare profondamente la vita dei ragazzi del nostro paese e anche della nostra Federazione. Altri studiosi affermano che lo sport sta perdendo tutti i contenuti simbolici e che c’è sempre meno spazio per i comportamenti gratuiti. Una tale emergenza impone da parte nostra una riflessione su un rinnovato codice etico. I nostri padri Hanno costruito e promosso un sistema sportivo unico al mondo, avendo ben chiaro il modello della persona alla quale si rivolgevano e di società civile che si voleva costruire. Oggi, con la stessa forza progettuale, noi siamo chiamati a lanciare una nuova proposta sportiva ed educativa , che possa indicare le linee del sistema sportivo del XXI secolo.

Lo sport ha sempre parlato con il cuore. Grandi eventi nazionali ed internazionali hanno da sempre prodotto emozioni collettive, hanno appagato l’istinto e il desiderio di benessere di milioni di persone. Ma oggi lo sport ha bisogno dell’irruzione di un nuovo umanesimo. Ciò che le persone, specialmente i giovani,
chiedono oggi allo sport di dare innanzitutto senso alla loro vita. Per essere socialmente significativo, allora, lo sport deve diventare principio generativo di relazioni, stile di vita,comportamento, dialogo, partecipazione, cittadinanza attiva.

Si tratta di un assunto che nemmeno le istituzioni hanno chiaro, cosicché lo sport viene preso in considerazione solo quando costituisce attività economica. Noi però sappiamo che accanto al ruolo economico, c’è sempre un valore sociale che non possiamo non considerare. E’ necessario impegnarsi per una pratica sportiva che non punti soltanto alla quantità (avere un’Italia che fa sport) ma alla qualità sociale delle esperienze che propone (avere uno sport che contribuisce a fare l’Italia): Al centro di questo orientamento c’è il fondamentale valore delle società sportive e dei club: In essi, l’importanza formativa dello sport acquista la sua dimensione di maggior efficacia, poiché diventano luogo dell’orientamento, dell’ascolto, dell’accoglienza e del recupero. Occorrono società sportive che non siano solo club di servizi, ma scelgano i essere comunità di persone che condividono, nello sport e oltre lo sport, importanti percorsi di vita orientati ai medesimi valori fondamentali. Occorrono società sportive non chiuse in se stesse: dinamiche, sempre in ascolto con i bisogni umani ed educativi del territorio, aperte alle collaborazioni ad altre realtà. Un punto fondamentale è sviluppare la propria appartenenza al territorio. Il luogo educativo deve essere percepito dalla comunità che abita il territorio come un elemento di forza, una presenza capace di intensa valenza simbolica, capace di accogliere, orientare, allenare, dare speranza e aiutare i giovani a costruire il proprio progetto di vita. Non c’è proposta educativa che non debba integrarsi con i territorio. Non c’è possibilità di “correre” da soli; c’è bisogno di lavorare in rete, con attenzione reciproca, con sguardo benevolo e positivo sul lavoro altrui.

E siccome molti di questi valori, fondamentali e portanti per le società sportive di ieri e di oggi sono ormai allo stato di disfacimento, occorre costruire un luogo educativo che sia un luogo di relazioni significative. Bisogna lavorare per creare una nuova generazione di educatori, allenatori, dirigenti, capaci di non accontentarsi di ciò che è facile o scontato, ma desiderosi di mettersi in gioco nel rapporto con l’altro. Questa passione legata alla generosità del cuore difficilmente si può comprare o vendere. Lo sport ha bisogno di educatori no prestatori d’opera. Dobbiamo chiedere loro di essere ben più che maestri di un gesto tecnico ma di mettersi al sevizio di un nuovo progetto sportivo. Se volessimo sintetizzare il ruolo più vero dello sport, diremmo che esso consiste nell’educare al valore della vita attraverso una competizione virtuosa. Ma nello sport come nella scuola si riflette l’orrore che il concetto di autorità suscita in quasi tutti gli ambienti della società. Si confonde l’autorità, e quindi il potere che essa potrà inevitabilmente con sé, con la mera capacità di esercitare una coercizione, quasi che l’altro sia un semplice oggetto di cui disporre. Il potere può anche essere   la capacità di esercitare una coercizione che non richiede il consenso dell’altro, perché lo tratta come un oggetto di cui disporre. L’autorità è, invece un appello rivolto a qualcuno perché compia un atto libero di consenso che si traduce in un ascolto e si realizza ultimamente nell’obbedienza. Quest’ultimo è insignificante di fronte al mero potere, che non ha bisogno di imporsi, ma è indispensabile per l’esercizio dell’autorità, che vive in questo riconoscimento. Solo una persona libera può obbedire.

Nel nostro piccolo abbiamo sempre impostato questo tipo di teoria, e ne abbiamo fatto in un ventennio di vita, punto di arrivo e concretizzazione di un lavoro che abbiamo svolto con la professionalità di educatori e non  allenatori.  Il principio dell'eguaglianza è il primo ad essere tutelato nel nostro gruppo, senza nessuna  ricerca  del “campioncino” ma con  la consapevolezza che  se il “discrimine ” avviene nelle palestre, nessuno ,mai, potrà evitare che avvenga in tutti quei luoghi preposti alla conoscenza ed alla formazione, dalla scuola ai luoghi di frequentazione del nostro futuro, “i bambini, i ragazzi, i giovani”.